Pubblichiamo una testimonianza della professoressa Elena Sassi, già docente presso l’Università Federico II di Napoli e amica del Centro Pace, relativa alle celebrazioni del decimo anniversario del G8 di Genova 2001.
A chi volesse approfondire ricordiamo che “Genova, nome per nome”, libro/inchiesta di Carlo Gubitosa (direttore della rivista Mamma!), frutto di un lavoro di ricerca e documentazione durato due anni è scaricabile liberamente da http://www.giornalismi.info/gubi/articoli/art_8906.html
Sono venuta a Genova per partecipare al decennale del massacro, e desidero condividere con voi pensieri ed emozioni di allora e di oggi. C’ero anche allora, e il 20 luglio ho vissuto la più intensa terribile esperienza della mia vita di manifestazioni. Carlo Giuliani è stato ucciso, per moltissimi di noi è morta la possibilità di esprimere in pace le nostre idee; un attacco della polizia a freddo, premeditato, preceduto da giorni di propaganda mendace, una discontinuità feroce con l’esperienza di chi rivendica il diritto di esprimersi, protestare e far cambiare politica. Ero con un amico milanese, con lunga esperienza di antagonismo. Eravamo migliaia, pacifici, di ogni età, condizione, abitudini , convinti che fosse nostro diritto e valore fondante contestare la scelta di un modello di sviluppo fondato sulla finanza e che ignorava i limiti fisici del nostro pianeta. Lo slogan di allora “un altro mondo è possibile” riassumeva tutto ciò. E fu deciso di stroncare un movimento che, pur tra alcune ambiguità, vedeva con occhio lucido ciò che sarebbe a breve accaduto.
Non ero novizia alle manifestazioni, avevo strumenti culturali e psichici adeguati, eppure l’esperienza del 20 luglio 2001 miha provocato una sofferenza enorme, una perdita di categorie concettuali e procedurali consolidate. Due psicologi di Padova nel loro recente libro “Cittadinanza ferita” hanno studiato esperienze e reazioni di tanti allora presenti, massacrati in corpo mente e cuore. Parlano di un trauma psicopolitico collettivo, che ancor oggi a molti impedisce di aver fiducia nelle istituzioni e impone di fuggire davanti a qualunque divisa, fosse anche un vigile disarmato. Anch’io ho impiegato molto tempo a ritrovare calma e serenità nel partecipare ad una manifestazione, l’ho sostanzialmente vissuto a febbraio scorso quando scelsi di andare alla manifestazione delle donne di Genova e da tutte noi vi fu determinazione forte, indignazione, creatività, anche gioia. Dieci anni per una metabolizzazione lenta, dolorosa, non completamente finita, come succede per un grande lutto.
Sabato nel corteo finale, partito da Sampierdarena, antico quartiere operaio, dove ora si parla molto in spagnolo per i tanti migranti sudamericani che lo vivificano e dove abitiamo, per caso ho ritrovato l’amico milanese e siamo stati insieme come dieci anni fa (e Jung direbbe che non sono coincidenze casuali). Per un po’ dietro lo striscione del popolo dell’acqua (tanti napoletani con Alex Zanotelli), per un po’ dietro i NO-TAV(forti e molto sostenuti da tutti), per un po’ da soli a tentare di elaborare le simiglianze-differenze con luglio 2001 e quanto è accaduto da allora. Anche adesso lo slogan “loro la crisi noi la speranza” ha ben condensato lo spirito di questo decennale: no vendetta, ma pretesa di condanna per i massacratori di allora (tutti promossi). Consapevolezza di avere avuto ed avere ragione nel volere uno sviluppo compatibile con madre Terra e (per me) basato su risparmio ed uso consapevole di risorse non rinnovabili. Gioia ed orgoglio positivo per le vittorie referendarie si mescolavano al bisogno di capire come andare avanti ora che sono forti i tentativi di appropriarsi di queste ed imbrigliare la democrazia partecipata dal basso. Don Gallo, vecchio prete partigiano genovese antico che da anni aiuta gli ultimi a recuperare dignità di vita, è stato buon simbolo di allora e di oggi, insieme con i tanti migranti di vari colori con cui si era insieme e che con semplicità affermavamo “l’Italia siamo anche noi”. Insieme con gente del magreb e mashrek venuti per dirci, dall’interno, le loro rivoluzioni della dignità che qualcuno vuole descrivere repentine e che sono state preparate con lunghe gestazioni dalla società civile. Giovani acculturati, masse di senza lavoro e futuro, volontà di libertà e giustizia. Si sono succeduti moltissimi eventi, anche con tante sovrapposizioni : da un seminario con tunisini, egiziani, palestinesi e marocchini ho capito con mente/cuore più cose che dalle tante letture di commenti e reportage di media, sia pure quelli più attenti.
Servirebbe capacità di letteratura per dire i molteplici aspetti vissuti. La (tanta) polizia “discretamente” nelle strade adiacenti e i tanti in borghese ai lati del corteo. L’elicottero che ha seguito tutto. I negozi chiusi per paura. La gente che applaudiva dalle finestre. La musica, i cibi multietnici e Genova melting pot di genti colori culture, come da antica repubblica marinara. Il l centro storico con tutte le impalcature smontate, i cassonetti rimossi perché le bottiglie sono armi, carrozzini con bimbi piccoli, cani, umani.
Tre immagini fra tante mi hanno colpito per immediatezza e significato. La prima: sul selciato di una piazza di Sampierdarena una rete blu per il mediterraneo e tante barche di carte (come le facevamo da bambini) sulla cui vela vi era un collage di foto di migranti. La seconda: un banchetto con una corona di fiori colorati e due fogli: “per tutte le vittime delle armi italiane” e “contro tutte le guerre, umanitarie e preventive”. L’ultima: il logo di “2001 genova 2011”: un bambino con il braccio alzato a pugno chiuso, occhiali da saldatore per difendersi dai lacrimogeni, il sorriso grande e luminoso di chi ha la vita davanti.
-Al Ministro dell’InternoDr ClaudioSCAIOLA
La Lettera allegata è stata inviata prima del g8 /luglio 2001 e la gentile risposta del ministro è arrivato dopo due mesi quando CARLO GIULIANI era stato ucciso.
Avevo partecipato al forum contro il g8 e avevo chiesto quali garanzie erano state chieste sull’uso delle armi da parte della polizia ,ma le risposte sono state generiche.
Ripropongo il quesito prima della manifestazione contro la base Usa a Vicenza
Qualcuno vuole rispondere?
Rino Vaccaro
via aurelia 75
16043 Chiavari/Ge
tel/fax 0185 318190
mailto casarossa.rino@libero.it
Subject: contro la base Usa a Vicenza
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-Al Ministro dell’Interno
Dr ClaudioSCAIOLA
scajola@mininterno.it
-Alla Redazione del Secolo XIX
Accolgo il suo invito a scriverle direttamente ,considerando, come lei assicura ,che la e-mail del ministero funziona bene. Anche se naturalmente lei avrà sentito parlare di Echelon ; tutto è sotto il controllo del grande fratello(tutti schedati,anche lei naturalmente !) ma questo fa parte della nota sovranità limitata dell’Italia(e dell’Europa).
Condivido le sue dichiarazioni sui giovani che operano nella polizia (come aveva già fatto peraltro Pasolini a suo tempo) e non ho motivo di dubitare delle sue buone intenzioni di Ministro; ma c’è un convitato di pietra di questo come dei governi precedenti che mi inquieta non poco; in un tempo storico caratterizzato, a mio giudizio, da uno strapotere dei gruppi economico-finanziari e dei governi che li sostengono.Come lei sa anche i governi devono obbedire ai mercati finanziari che rappresentano il quinto potere ,dopo il quarto dei media.
La “global governance “ avviene in organismi come il G8 non previsti da alcun trattato, con sistemi di condizionamento e di controllo sempre più pervasivi e totalizzanti.
Non le sembra che sarebbe utile, invece, difendere l’Onu e gli ordinamenti giuridici degli stati (la loro storia,la loro identità )contro ogni arbitrio economico e militare?Abbiamo infatti alle spalle la partecipazione dell’Italia alla guerra nei Balcani con la palese violazione dell’art 11 della Costituzione .
Per quanto riguarda le manifestazioni anti G8 si parla di isolare le teste calde dimenticando che nella situazione attuale nessuno controlla le schegge impazzite o i provocatori di professione(nessuno garantisce nessuno) ,anzi negli Usa è la regola : manifestazioni disperate e repressioni cruente.
In passato si è sparato e ucciso anche in Italia e le stragi di stato non sono un’invenzione giornalistica .(Anche se è vero altrettanto che ci sono state molte importanti manifestazioni senza morti e feriti) ma oggi il carattere internazionale degli scontri cambia duramente la prospettiva ;in altri termini non si tratta di valutare la credibilità di un ministro o dei vertici della polizia italiana ma di capire che c’è un gioco sporco dei servizi segreti a noi non noto .Da una parte la guerra psicologica delle 200 bare , delle sale operatorie preparate per l’occasione , del carcere di Marassi pronto per ricevere centinaia di arrestati,delle batterie antimissili in aeroporto ;e poi i cecchini sui tetti ,i tombini saldati ,le zone rosse e gialle etc…Non si era detto basta con i muri?
Ma ciò che non sappiamo è invece molto importante .La volontà di restare su un terreno di legalità o di repressione e violenza appartiene agli “arcana imperii”.
Può garantire ,caro Ministro, che deciderà lei senza ascoltare ordini da oltreoceano e che impedirà ,sul territorio italiano ,che decidano i servizi segreti di altri paesi ? Purtroppo ho ragione di dubitarne.
E’ questa invece una domanda essenziale sulla democrazia nell’era della globalizzazione che dovrebbe portare ad una conclusione semplice :che è meglio un ordinamento giuridico statuale sovrano e responsabilità politiche sottoposte al vaglio del consenso elettivo e non l’arbitrio di poteri sopranazionali e segreti.
Quale trasparenza dei processi decisionali può garantire il G8? Quale controllo parlamentare? Nessuno!
Conosco lo spregio delle leggi proprio dei servizi segreti ,i sistemi di comando che hanno insanguinato il mondo,la violenta difesa dei privilegi ,l’ottusa gestione delle forze dell’ordine, come a Goteborg.
Non c ‘è solo l’attenzione su Genova di migliaia di giornalisti :i riflettori si sono già accesi sul ring ma la partita è truccata .C’è purtroppo chi ha il potere autoritario di spingere verso la tragedia solo che lo voglia ;questa è l’amara verità :che siamo un paese subalterno , con questo governo non meno che con il precedente. Se non si tratta di una manifestazione folcloristica ma di un grande movimento di popolo c’è da temere il peggio.Occorre essere consapevoli e vigilanti :non credere che si tratti di una passeggiata creativa ;difendere dall’inguaribile ingenuità i nostri giovani che non credono che si possa arrivare all’infamia dell’uso delle armi ma su questo punto risposte rassicuranti non ne sono arrivate. Come avviene negli Usa le armi sparano ormai da sole ,senza responsabilità di nessuno, in modo oggettivo Anzi qualcuno pensa che l’uso delle armi sia decisivo nel controllo interno e in quello internazionale .Tante condanne a morte senza processo!
Non so se in me prevalga il disprezzo o la paura .Una cosa so per certo : che da una egemonia politica degli interessi forti e da una diffusa subalternità culturale in Italia e nel mondo non si esce senza una inversione di tendenza e un impegno culturale e politico straordinario; a cominciare dalla difesa delle diversità politiche ed economiche nel mondo e quindi anche della dignità e autonomia nazionale. Ma non vedo nulla di tutto questo all’orizzonte. D’altra parte abbiamo alle spalle le macerie della destrutturazione della politica, con elezioni di tipo presidenziale(senza una riforma presidenzialista della costituzione),dove è prevalso il finanziamento privato della politica mentre nessun giudice è intervenuto per far rispettare i tetti di spesa stabiliti dalla legge per partiti e candidati.In definitiva in Italia come altrove decide la politica-spettacolo:dalle masse fanatizzate negli stadi all’inebetimento pubblicitario televisivo e mediatico.
Mi perdoni la sincerità ;le sarò grato di una risposta ,anche privatamente.
Rino Vaccaro
vaccaro@chiavari.newnetworks.it
La ringrazio per aver accettato il mio invito a comunicare con il Ministero
dell’Interno (la cui e-mail, come vede funziona davvero).Condivido la sua
opinione sul fatto che, oggigiorno, governare una qualsiasi nazione è
complicato che in passato, ma ciò, a mio avviso proprio perché si è
raggiunto – nella maggioranza dei paesi – un livello di democrazia, di
trasparenza e di sindacabilità universale impensabile nel passato.
L’Italia è un paese saldamente democratico con solide e collaudate strutture
rappresentative, con un Parlamento solerte e vigile con una Magistratura
altrettanto solerte e democratica ed un opinione pubblica molto matura.
Il governo appena insediato e di cui faccio parte opererà perchésempre e da parte di tutti rispettato il dettato costituzionale e vengano
resi più ampi gli spazi democratici a favore dei cittadini.
Con i migliori saluti.
• Da casarossa il 2007-02-14 22:03
La mia prima manifestazione e’ datata 1972,ma l’orrore e la volonta’ omicida delle forze dell’ordine a Genova non la ricordo.Neanche quando uccisero Giorgiana Masi.Genova e’ stata una mattanza.Da quando quel givane carabiniere,credo che si chiamasse Storri perse un occhio con quella lettera eslosiva,si era capito che lo scontro sarebbe stato da regime dei colonelli,molti lo avevamo capito,tranne chi guidava il corteo che partiva dal carlini.Ma non mi va di scrivere altro; ho visto tanti capetti che hanno militato in Lc DIVENTARE DIRETTORI DI GIORNALI….
Grazie Elena per aver voluto condividere con noi le tue più intime anche se politiche sensazioni. Hai espresso con parole giuste lo sgomento che molti di noi hanno provato nell’aver assistito alla messa in scena di questa discesa nell’orrore avvenuto a Genova. Ricordo proprio lo stupore di fronte alla facilità e con cui i pupari hanno trasformato una città normale in un carcere da dittatura sud amercicana e con quanta superficiale velocità si sia poi tornati alla normalità. Intanto però le ferite fisiche, psicologiche, politiche non si sono mai rimarginate anche perchè NON sono state davvero curate! nessuno ha mai davvero pagato tra i responsabili di quegli orribili crimini che ancora gridano vandetta. Il grosso danno poi della paura di esporsi, che tu hai ben descritto, fatica ancora a essere assorbito. Genova per noi, come dice Paolo Conte, rimarrà per sempre nei nostri occhi fissata nelle immagini crudeli e dolorose del luglio 2001.